Il primo febbraio di quest’anno, in Myanmar (ex Birmania), l’esercito birmano ha preso il potere con un colpo di stato, destituendo il governo legittimo della Lega Nazionale per la Democrazia ed arrestando i suoi dirigenti, tra i quali la Nobel per la pace Aung San Suu kyi. La giunta militare, di fatto, interrompe un processo di democratizzazione, faticosamente iniziato a partire dalla seconda metà degli anni ’80, che aveva portato alla fine delle dittature militari che hanno caratterizzato la storia birmana a partire dal 1962. In risposta al colpo di stato è nato un movimento di disobbedienza civile che ha portato per le strade centinaia di migliaia di persone ogni giorno, ma le forze armate birmane intervengono sistematicamente con la forza, sparando sulla folla e provocando decine di morti e feriti. Il clima di repressione che si è instaurato accentua le già difficili realtà del paese: la discriminazione razziale e religiosa, il conflitto armato su base etnica, la povertà estrema e la disuguaglianza crescente.

Fin dal 2011, Micromondo segue vari progetti a Pathein e Yangon che hanno riguardato la realizzazione di un orfanotrofio, il sostegno ai bambini di una scuola materna alla periferia della città, la gestione e il rinnovo di sette scuole materne e la costruzione di un convitto che ospita le ragazze che frequentano le scuole superiori e l’università. (se vuoi sapere di più sul nostro progetto in Myanmar, puoi cliccare qui)

Suor Anna, la nostra referente sul posto, ci ha scritto riferendoci che al momento tutti sono sani e salvi, ma sono molto preoccupati per questa situazione di pericolosità imminente che aleggia sulle loro vite e ci fa capire che il nostro sostegno, anche solo per dare voce a ciò che sta accadendo, è molto importante in questo momento.

In Myanmar esistono numerosi gruppi etnici (si contano 130 minoranze ufficiali) che occupano principalmente le regioni ai confini con le altre nazioni, costituendo di fatto dei veri e propri stati etnici che lottano per la propria autonomia. Minoranze che negli anni sono state perseguitate, famoso il genocidio ai danni dell’etnia Rohingya, e che anche durante il governo civile non sono state tutelate come promesso. Per questo motivo sono nati partiti politici locali e organizzazioni armate che combattono contro il governo centrale, rivendicando l’inclusione dal punto di vista politico e socio-economico nella vita del paese. L’attuale giunta militare ha inasprito le persecuzioni e gli abusi verso tutte queste minoranze, effettuando incursioni violente nei villaggi, obbligando gli abitanti alla fuga e costringendoli a trovare rifugio nella foresta dopo estenuanti marce forzate. Nonostante una serie di dichiarazioni di condanna dei governi occidentali e di varie agenzie delle Nazioni Unite, non è chiaro quello che la comunità internazionale potrà fare per influenzare la situazione in Birmania.

Anita Sacchi, la nostra referente in Italia che ha origini birmane, ci ha inoltrato richieste di aiuto da parte di persone che sono riuscite a fuggire dal paese negli anni scorsi e che dall’estero, dove si sono ricostruite una vita, stanno cercando di costruire delle reti di aiuto alle comunità che si sono nascoste nella foresta, principalmente donne e bambini, e che hanno bisogno di cibo e medicine.

In attesa che la comunità internazionale riesca ad intervenire, la nostra Associazione sta prendendo in esame la possibilità di essere presenti con un aiuto concreto. Vi terremo aggiornati sugli sviluppi del nostro lavoro.

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