5/22 febbraio 2011
Questo non è stato
un semplice viaggio…
è stato il viaggio!
“Da sempre avevo il desiderio di poter fare un viaggio umanitario in uno dei luoghi dei progetti che seguiamo.
Il mio desiderio era lì che premeva nel cassetto da parecchio tempo e nel 2011, per i miei 40 anni, ho pensato che questo viaggio era il dono di cui avevo bisogno.”
La scelta di andare ad Haiti è stata sentita sin da subito dopo il terremoto del 12 gennaio del 2010. Tramite gli aggiornamenti di Suor Marcella abbiamo vissuto, seppur a distanza, tutti i momenti più tragici e intesi del post terremoto, emergenza colera inclusa.
Nel febbraio del 2011 con Chiara e Sonia siamo partite. Con noi, oltre a una valigia piena di indumenti per i bambini, avevamo un ecografo che la Croce Rossa di Varese ci aveva affidato per l’ambulatorio. Eravamo state avvisate dei particolari controlli ai bagagli e del rischio che ci sequestrassero i vestiti dei bambini, ma fortunatamente il controllo è stato fatto solo su una valigia di indumenti personali. Sorte diversa è toccata all’ecografo che invece ci è stato sequestrato.
Non racconterò di tutte le peripezie e di tutte le volte che siamo tornati alla dogana dove abbiamo vissuto situazioni surreali nel tentativo di riaverlo.
Vi dico solo che quando siamo ripartite per l’Italia, l’ecografo era ancora fermo in dogana e che, grazie ai contatti che avevamo e alla nostra caparbietà, siamo riusciti dall’Italia a far sì che lo consegnassero a Suor Marcella!
Dopo questa accoglienza non proprio speciale, ha avuto davvero inizio il grande viaggio con l’arrivo a casa di Suor Marcella, dove eravamo suoi ospiti. Suor Marcella, abituata ad ospitare volontari, ci ha lasciato autonomia di gestione e così ci siamo prese l’incarico della spesa e della cucina.
Dei momenti condivisi a casa conservo il bellissimo ricordo delle chiacchierate del dopo cena, sotto il portico con Suor Marcella. I suoi racconti ci rapivano e stavamo ore ad ascoltarla.
Il giorno dopo il nostro arrivo, Suor Marcella ci ha portato al Vilaj Italyen.
Per arrivare al Vilaj attraversavamo le strade impolverate della città.
Lungo il percorso erano ancora tante le installazioni di tendopoli che incontravamo, la confusione in strada era sempre pazzesca, tantissimi e originalissimi i tap tap, i mezzi di trasporto pubblico locale che si chiamano così perché le persone li fermano battendo dei colpi sulla carrozzeria, con le persone accalcate e appese in posizioni aerobiche improponibili.
Dopo circa un’ora di viaggio con il Pick Up di Marcella, ecco la bidonville di Waf Jeremy!
Il porto da un lato, le baracche di lamiera dall’altro e proseguendo dritto, alla fine della strada eccolo lì: il Vilaj Italyen!
La fine della strada, l’inizio del sogno diventato realtà: l’ambulatorio, il centro colera, le casette colorate in muratura, la scuola, il refettorio e… l’accoglienza dei bambini.
L’arrivo di Suor Marcella era sempre una festa che veniva riservata a lei e incondizionatamente anche ai suoi amici.
Era difficile camminare per il villaggio senza barcollare con almeno 2 bambini che ti saltavano in braccio e altrettanti che ti tenevano per le dita. Pensavamo di cavarcela con qualche parola in francese ma in realtà, sebbene il creolo haitiano derivi dal francese, non ci si riusciva ad intendere bene con le parole… ma con i gesti sì!
Gli aggettivi di quel primo incontro sono: gioia, euforia, colore, bellezza, immensità e amore!
La gioia di essere finalmente lì, l’euforia dei bambini, il colore della ricostruzione, la bellezza del tutto e l’immensità della forza dell’amore!
Senza saperlo, e senza poterlo prevedere, durante le 3 settimane di permanenza ad Haiti abbiamo avuto modo di assistere ad eventi straordinari e unici che rimarranno per sempre non solo nella nostra memoria ma anche nella storia di Waf Jeremy:
• La riapertura dell’ambulatorio nuovo, completamente risanato dopo l’emergenza colera e pronto per essere riaperto;
• L’inaugurazione del villaggio con una festa in pompa magna che ha visto la presenza di persone di spicco come il Nunzio apostolico e il console Haitiano;
• Non il primo giorno, ma il primo ingresso nella nuova scuola per circa 300 bambini del villaggio.
Così abbiamo avuto il nostro bel da fare:
Abbiamo sgomberato il vecchio magazzino dell’ambulatorio e riorganizzato il nuovo facendo l’inventario dei farmaci.
Ci siamo divisi i compiti per l’organizzazione e la buona riuscita della festa di inaugurazione. Abbiamo pulito le aule e il cortile della scuola con l’aiuto dei bambini trasformando il tutto in gioco e alternando i momenti di duro lavoro in momenti di puro divertimento.
Ogni giornata è stata caratterizzata da momenti intensi dal primo all’ultimo giorno.
Il primo giorno di scuola dei bambini è coinciso con il nostro ultimo giorno di permanenza al Vilaj e, come ogni buon finale che si rispetti, ci era stato riservato un colpo di scena: una delle insegnanti non si era presentata, così Suor Marcella ci ha assegnato il compito di ‘supplenti per un giorno’ di una classe di bambini di 4 anni che fino a quel giorno non si erano mai staccati dalla mamma.
È stata un’impresa ardua. Oltre ad essere già tanti, i bambini da seguire aumentavano in continuazione perché le insegnanti della classe attigua continuavano a portare da noi i bambini che con loro piangevano. Eravamo in tre e alla fine ce l’abbiamo fatta a coinvolgerli e distrarli fino al momento della pappa che ha placato tutti gli animi!
I momenti passati con i bambini a giocare a calcio, a pallavolo, a bandiera, a passeggiare per la bidonville invitati nelle loro ‘case’ sono stati i momenti più belli e quelli che conserverò intatti per sempre nel cuore.
Cosa mi resta
La sensazione di disorientamento all’aeroporto nel percorrere all’uscita quel corridoio con il filo spinato che separa la gente ‘che va’ dalla gente ‘che resta’.
L’impotenza di fronte a Paesi come Haiti che non hanno nessun interesse politico ed economico a cambiare lo stato delle cose.
La consapevolezza che non basta arrivare in un paese con un visto umanitario per essere ben accolti perché la fiducia va conquistata giorno per giorno.
La devastazione del terremoto e la ricerca quasi disperata verso l’orizzonte di una luce che fatichi a trovare perché la polvere ricopre tutto ma poi la trovi, in uno sguardo, in un abbraccio, in un volto e ti avvolge una carica indescrivibile e nulla ti può fermare perché la bellezza risiede là dove hai imparato a guardare.
Nel post terremoto i riflettori si sono accesi su questo paese che è ancora oggi considerato il più povero delle Americhe. Haiti, un paese generalmente dimenticato da tutti, grazie ad una tragedia, ha vissuto il suo momento di visibilità e grazie a Suor Marcella, che era già ben inserita nel territorio Haitiano, la bidonville di Waf Jeremy ha potuto godere di una grande trasformazione.
Poi accade che i riflettori si spengono e ci si allontana dalla scena, ma è proprio in questo momento che c’è più bisogno perché quello che è stato costruito ha bisogno di sostegno continuo per poter sopravvivere.
Una ringraziamento particolare:
A mio marito, a mia mamma e alla rete solidale di amiche che si sono occupate di mia figlia, allora undicenne, dandomi la possibilità di vivere questa esperienza serenamente.
Da quando siamo tornate sono cambiate tante cose.
Suor Marcella ha costituito una onlus ‘In Cammino con Suor Marcella’ poi diventata ‘Fondazione via lattea onlus’.
Il Vilaj Italyen è cresciuto ed è stata costruita una casa di accoglienza per i bambini orfani.
La situazione politica ad Haiti è degenerata al punto da costringere Suor Marcella a tornare in Italia con i suoi bambini ed iniziare una nuova avventura di cui potrete leggere direttamente sul sito della Fondazione.
Con i bambini
Waf Jeremie e il Vilaj Italyen
Port au Prince e dintorni
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